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Sweet Child of Light: Nuova luce sugli RPG

Abbiamo (ri)provato il nuovo titolo RPG di Ubisoft Montreal, ma da un punto di vista molto particolare.

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Lo ammetto senza vergogna: ho sempre nutrito una certa ritrosia nei confronti degli RPG. Ho provato più volte a chiedermi il perché: probabilmente perché sono una persona decisamente pigra (occorre pensare un sacco) e poco propensa a sessioni di gioco meditative. Potrei definirmi la Vin Diesel del gaming, votata a tutto ciò che è azione pura, rapido, spietato e gustosamente tamarro. Non a caso, ho una totale devozione per il survival horror più becero e per i titoli in cui la componente action fa da padrona. Tuttavia, seppur il mio lato videoludico sia vergognosamente testosteronico, ho un lato ancora prettamente femminile, che mi permette di tornare sui miei passi e vedere le cose da un'altra prospettiva.

E così, in un sabato mattina milanese ricco di sole, ho deciso di mettere da parte questa chiusura mentale e imbattermi in un piccolo grande gioco, svelato quasi a sorpresa agli scorsi Ubi Days. Parlo, ovviamente, del delizioso Child of Light, titolo RPG realizzato con lo straordinario motore grafico UbiArt Framework e pronto ad immergere in un mondo dal retrogusto fiabesco un pubblico molto variegato.

Perché se c'è un aspetto che mi ha sorpreso sin da subito di Child of Light è il suo essere costruito su molteplici livelli di lettura e di gameplay. Da un lato, infatti, ci sono i livelli interpretativi della fiaba narrata, che permettono di coinvolgere - con quella sua magia di colori e un design che ricorda quelle fantastiche illustrazioni di libri per bambini - un pubblico più giovane, ma al tempo stesso permettono ad un pubblico più adulto di sbavare letteralmente di fronte alla sua struttura in rima incatenata (se scavate nel vostro passato liceale, vi ricorderete che tale struttura era quella usata per la Divina Commedia, quella ABA, BCB, CDC, per intenderci), che scandisce il ritmo della narrazione nelle cutscene e nei dialoghi testuali che costellano le nostre sessioni di gioco.

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Ma, essendo un videogioco, non possiamo certamente esimerci dalla componente più pura del medium, il gameplay. Tra gli aspetti più interessanti del titolo, infatti, c'è questa possibilità di approcciarsi ad esso in modi differenti: gli amanti degli RPG - divoratori seriali di abilità con cui arricchire il proprio apposito albero e che hanno piena dimestichezza con le regole sottese al genere - si trovano appagati e soddisfatti da un alto livello di difficoltà, in cui pensare a qualsiasi mossa in modo strategico e calcolato diventa una delle chiavi di risoluzione necessaria (seppur non immediata) per proseguire in un percorso che, mano a mano che si procede, diventa sempre più squisitamente complesso. Dall'altra parte, invece, c'è quella sottesa idea di un'esperienza videoludica condivisa, la stessa che ha permesso a molti consumati giocatori contemporanei e figli degli anni Ottanta, di avvicinarsi al medium. Condividere l'esperienza di gioco con un altro giocatore al nostro fianco, che sia un papà o una mamma (per i giocatori più giovani) o un nostro amico più esperto (come nel mio caso) diventa una ricetta divertente, in barba a chi dice che i videogiochi portano all'isolamento (ma ancora non hanno sfatato questa leggenda metropolitana?).

Grazie ad un sistema semplicissimo, come vedremo, il primo giocatore muoverà la principessa Aurora e il restante party caratterizzato da buffi e insoliti personaggi nel nostro scenario magico, mentre il secondo giocatore controllerà la lucciola Igniculus (tuttavia controllabile anche dal singolo giocatore, grazie alla levetta analogica di destra), capace di rallentare gli attacchi dei nemici che troveremo lungo il nostro cammino, accecandoli con la sua immensa luce. Carica di questa nuova opportunità e con al mio fianco un giocatore che ha macinato ore e ore di RPG nella sua vita, mi sono tuffata in questa avventura, provando a mettere da parte per un attimo tutte quelle convinzioni che mi hanno accompagnato per anni.

Child of Light

Dopo una breve cutscene di apertura - che senza volerlo, ci ha ricordato il suggestivo intro di La Bella e la Bestia di Walt Disney - attraverso cui ci viene spiegata la storia sottesa al gioco, Child of Light ci catapulta a Lemuria, questo mondo di ombre e a tratti gotico à la Tim Burton, in cui, nei panni della Principessa Aurora appena destata da un sonno quasi mortale (Aurora, sonno mortale...non vi ricorda nulla?), ci muoviamo alla ricerca di nostro padre, spaventati dall'oblio che ci avvolge. Pochi passi più in là e incrociamo il nostro amico Igniculus, valido e fedele alleato con cui condividiamo la nostra avventura, il tutto dialogato deliziosamente in rima.

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La prima sensazione che accompagna la nostra sessione di gioco è la sua straordinaria intuitività a livello dei controlli: non dobbiamo barcamenarci nello schiacciare troppi pulsanti o tenere testa a troppi elementi, ma solo pochi e semplici comandi, che permettono anche ad un neofita (come la sottoscritta o ad un pubblico più giovane) ad avvicinarsi al genere, senza dover sin da subito imparare a padroneggiare il tutto con estrema difficoltà. Con questo, ovviamente, non voglio dire che Child of Light sia semplice, tutt'altro: più progrediremo nella nostra esperienza e più azioni dovremo tenere sotto controllo (soprattutto in single-player). Tuttavia il gioco non ci "condanna" se siamo nuovi all'esperienza, anzi permette di approcciarci ad essa in modo graduale. Un passo per volta, senza fretta.

Child of Light

Passano pochi minuti da quando ci imbattiamo nel primo nemico, con la sola spada a disposizione. Ed è qui che ci confrontiamo per la prima volta con il sistema a turni del gioco, aspetto che, come dicevo in apertura, mi ha sempre creato qualche problema per la sua buona dose di "lentezza tattica". Eppure, con Child of Light assume un sapore diverso. Seppur dobbiamo attendere che la nostra casting bar si carichi a sufficienza (fino ad una zona rossa, all'inizio della quale possiamo selezionare il nostro attacco, dalla cui tipologia dipende il tempo di caricamento) per poi lanciare il nostro fendente/incantesimo una volta che questa sarà riempita del tutto, la sensazione di "lentezza" che ha sempre ostacolato il mio approccio al genere RPG viene meno. Infatti, grazie alla presenza dell'Igniculus - controllabile sia dal singolo giocatore sia da un secondo giocatore - che, grazie alla sua luce accecherà i nemici rallentandone la casting bar, il ritmo di gioco diventa decisamente più frenetico. Mi sono trovata ad incoraggiare il mio collega durante i combattimenti più di una volta, invitandolo a muovere l'Igniculus affinché accecasse i nemici o mi caricasse di luce la casting bar per velocizzare la mia possibilità d'attacco. La sensazione di "attesa" si attenua grazie a questo piccolo escamotage e permette di gustarmi l'esperienza con grande entusiasmo.

I nostri combattimenti ci permettono di acquisire punti XP, con cui, a poco a poco, iniziamo a scoprire un tassello per volta nel nostro albero delle abilità che - mano a mano che incontreremo nuovi personaggi che si uniranno alla nostra avventura - diventerà molteplice, ma anche sempre più complesso e variegato. Ma non solo elementi di RPG. L'esperienza di Child of Light - seppur dichiaratamente collocata in questo genere specifico - risulta molto più complessa: ai nostri combattimenti, infatti, si alternano alcune divertenti componenti puzzle, in cui l'Igniculus gioca la parte del leone. Giocando con luci e ombre, cristalli riflettenti e tanto altro, il nostro fedele amico luccicante ci permette di risolvere alcuni enigmi - all'inizio semplici, volti a farci prendere la mano - che offrono una grande varietà alla nostra esperienza di gioco.

Child of Light

Dopo un'oretta e mezza in compagnia di Child of Light, mettiamo via il controller e passiamo il testimone ad un altro collega. Sarei banale se dicessi che Child of Light è un gran bel gioco. Ebbene, non mi importa, lo dico: Child of Light è davvero un gran bel gioco. Sofisticato nella sua grafica ricercata, che dimostra la grandiosa versatilità del motore grafico UbiArt Framework (riuscireste a dire che è lo stesso motore sotteso a Rayman?), poetico nella sua costruzione narrativa, innovativo per la sua dinamica di gameplay, accessibile da giocatori di più livelli, e reintroducendo un classico dell'esperienza videoludica di un tempo (quella della condivisione in locale), Child of Light si rivela un prezioso gioiellino, di cui non vediamo l'ora di saperne di più.

E dal canto mio, posso addirittura azzardare che Child of Light sia riuscito a farmi ricredere e guardare con una nuova luce il genere RPG, da sempre mio "indiscusso" nemico, e di apprezzarne, piuttosto, le sue diverse dinamiche. Forse avevo solo bisogno di una collocazione narrativa che sentivo più vicina alle mie corde (il genere fiabesco mi ha sempre affascinato), forse finalmente sono riuscita a liberarmi da quei troppi pregiudizi che mi lasciavano inquadrare il genere in una sorta di "Paradiso per pochi eletti". Non ne ho idea. Ma una cosa è certa: sono impaziente che sia il 30 aprile per tuffarmi di nuovo nel magico mondo di Child of Light e farmi le ossa nel genere.

Oh, Sweet Child of Light!
(una citazione ai Guns'N'Roses, modificata, non poteva mancare in chiusura)

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