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Deus Ex: Human Revolution

Deus Ex: Human Revolution

La rivoluzione umana è iniziata, senza una rivoluzione videoludica. Deus Ex: Human Revolution ci riporta una grande serie, virando verso lo stealth e una giocabilità più pacata del previsto.

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Come avviene con ogni titolo RPG, sono necessari alcuni giorni al fine di metabolizzare l'enorme mole di informazioni che ci vengono scaricare addosso in poche ore. Deus Ex: Human Revolution è disponibile già da alcuni giorni, ma persino il giocatore più esperto si troverà d'accordo con noi nel riconoscere quanto sia difficile sintetizzare in un migliaio di parole tutto quello che abbiamo visto in così pochi giorni di gioco.

Il ritorno di Deus Ex è stato caratterizzato da una grande attesa. Non vi sono dubbi che questo sia stato il gioco più bramato dell'estate, ma a un grande desiderio corrispondono grandi aspettative. Si tratta dunque di un'arma a doppio taglio per Eidos Montreal, che è ben consapevole dell'aver sollevato l'attenzione di centinaia di migliaia di giocatori e che, pertanto, ha dovuto lavorare duramente al fine di consegnare un prodotto all'altezza.

Prima di tutto: tranquillizziamoci. Deus Ex: Human Revolution è un prodotto solido, e se avete sbirciato il voto di questa recensione siete già consapevoli della cosa. Il problema, semmai, è che il polverone sollevato nel corso di questi ultimi mesi di attesa, incluse le ottime sensazioni provenienti dalle sessioni di preview organizzate a qualche mese dall'uscita del gioco, ci avevano lasciato sperare in un prodotto perfetto. Non è così: il gioco ha i suoi difetti, alcuni davvero grossolani, e non nascondiamo che dopo alcuni minuti di gioco abbiamo quasi provato la sensazione che il gioco fosse ben al di sotto delle nostre aspettative.

Deus Ex: Human Revolution
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L'impatto iniziale non è dei migliori. Il menù è poco ispirato, le cut scene sono pre-registrate, la grafica è tutt'altro che perfetta e la sincronia labiale dei personaggi è praticamente inesistente. Roba da produzioni di seconda categoria, per capirci. Eppure, dopo le prime tre o quattro ore di gioco, ci si rende conto che dietro l'apparenza fortunatamente si nasconde tanta sostanza.

In primo luogo la storia, vero cardine di ogni RPG e spesso conditio sine qua non della sua longevità. Siamo nella Detroit del 2027, gli esseri umani hanno la possibilità di potenziare il proprio corpo attraverso impianti cibernetici che ne migliorano le capacità naturali. Adam Jensen, protagonista della vicenda, lavora per la Sarif Industries, un'azienda attiva nel campo delle cosiddette human argumentations, che si tiene a galla anche attraverso progetti militari.

Gli impianti biotici, però, hanno sollevato un'importante questione etica. Molti sono gli oppositori a questo tipo di miglioramenti e, come spesso avviene, vi sono sacche di estremisti pronti a tutto pur di fermare ciò che ritengono immorale. Alcuni di essi si limitano a protestare e a compiere atti minori di vandalismo. Altri, invece, hanno deciso di affrontare il problema con la lotta armata.

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Adam è un ex poliziotto a capo della sicurezza della Sarif e, pur non essendo dotato di impianti, difende l'azienda dagli attacchi degli estremisti. Un misterioso gruppo di opposizione, però, riesce inspiegabilmente ad oltrepassare le misure di sicurezza dell'azienda, sterminando buona parte dei dipendenti della sede centrale e massacrando lo stesso Jensen. La Sarif, però, cerca di salvare la vita al nostro eroe, sostituendogli le parti del corpo compromesse con impianti biotici. Adam Jensen, dunque, si ritrova suo malgrado pieno di impianti, e dopo sei mesi di convalescenza è pronto a svolgere il suo primo compito: fermare un secondo attacco da parte di un altro gruppo di puristi.

Abbiamo così descritto le prime tre ore di gioco, nelle quali l'ottimo lavoro di sceneggiatura si fa sentire. Il giocatore inizia a porsi delle importanti domande, le cui risposte arriveranno molto più avanti. Perché Jensen è stato salvato? Chi era il gruppo terrorista del primo attacco? Che fine ha fatto la nostra fidanzata, scomparsa il giorno dell'irruzione? C'è una talpa nella Sarif? Che cosa nasconde il suo carismatico presidente? I misteri si infittiscono tassello per tassello, e quando si giunge alle prime certezze non mancano i colpi di scena.

Deus Ex: Human Revolution

La prima missione non lascia minimamente spazio alla libertà di movimento che da sempre ha caratterizzato la serie Deus Ex. Il gioco si apre come uno stealth: il nostro personaggio è troppo debole per poter affrontare i nemici frontalmente, e la sua resistenza ai colpi è pressoché nulla. Due colpi di pistola, e ci si ritrova a rantolare sul pavimento. Eidos ci aveva avvisato: questo è un gioco difficile. Sebbene la difficoltà sia stata leggermente ridotta rispetto alla versione mostrata ai giornalisti a inizio anno, il gioco in difficoltà media è ancora tosto. La possibilità di salvare in qualunque momento è l'unica áncora di salvataggio che ci viene concessa, dato che i checkpoint sono collocati in maniera piuttosto sporadica.

Procediamo attraverso i primi corridoi, senza farci vedere né sentire dai nemici. Ogni errore si paga, e se si viene individuati non vi è alternativa alla fuga. Procediamo verso i nostri obiettivi, scoprendo le diverse caratteristiche del gameplay. Oltre all'accoppiata combattimento/stealth, possiamo effettuare l'hacking di sistemi informatici attraverso un minigioco nel quale dobbiamo forzare directory e nodi di un server, rischiando ad ogni tentativo di venire scoperti. Dialogare con gli NPC è spesso fondamentale: la nostra ars oratoria può essere premiata con la risoluzione di situazioni scottanti o punita con il rovesciamento della situazione.

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In più, i nostri impianti biotici possono essere potenziati attraverso un sistema di aggiornamento ad albero, nel quale possiamo spendere i punti esperienza acquisiti attraverso le nostre azioni sul campo (uccisioni/atterramenti, completamento di missioni, hacking, esplorazioni, eloquenza) o, curiosamente, attraverso l'acquisto di carissimi moduli di espansione.

Gli impianti biotici costituiscono un altro punto chiave del gioco. Possiamo attivare capacità passive, come la possibilità di muoversi silenziosamente o di effettuare l'hacking di sistemi più complessi, o capacità attive. Queste ultime si rivelano particolarmente utili in determinate situazioni (la capacità di vedere attraverso i muri, ad esempio, può risultare provvidenziale), ma consumano energia e richiedono un tempo di ricarica per poter essere utilizzate nuovamente.

Superata (a fatica e con immensa soddisfazione) la prima missione, il gioco rivela la sua vera natura. Un free roaming nel quale missioni principali e secondarie si intrecciano, lasciandoci seguire il corso della vicenda senza tralasciare tutte le sottotrame che la arricchiscono. Per la verità gli spazi aperti non sono mai eccessivamente ampi, anche se il gioco rivela molteplici location che si sbloccano mano a mano che si procede con la quest principale. Va comunque detto che non si ha mai la sensazione di trovarsi in una vera città: i quartieri appaiono fin troppo circoscritti per risultare credibili.

Deus Ex: Human Revolution

Ogni missione può essere completata in più modi, ed è onere del giocatore scegliere come affrontare i problemi. Si possono ottenere informazioni da un informatore, si può forzare l'ingresso in un luogo attraverso un terminale, si può affrontare il problema frontalmente con le armi in pugno: tutto dipende dalle nostre capacità di valutazione e dallo stile di gioco prescelto. Una libertà che, certamente, spinge il giocatore a variare l'approccio allontanando la ripetizione delle azioni. Vi è però un problema: il gioco non ha nulla a che vedere con un FPS, a partire dalla mira poco precisa. Anche giungendo a elevati livelli di potenziamento biotico, pochi colpi dei nemici sono sufficienti per metterci fuori combattimento. Vi è dunque un netto sbilanciamento del gioco a favore delle azioni stealth, e l'uso della forza letale è disincentivato.

Vi è inoltre un secondo problema: l'inventario. Come nei precedenti Deus Ex, l'inventario è costituito da caselle che si riempiono mano a mano che si raccolgono oggetti. Una volta esaurito lo spazio, è necessario gettare via i materiali superflui o rivenderli. Una scelta discutibile, dato che il nostro inventario appare alquanto sottodimensionato.

Infine: gli elementi tecnici. Abbiamo già parlato di una grafica non completamente entusiasmante. Mancano dettagli, le animazioni sono approssimative e alcune texture puzzano di vecchio. Il gioco è vasto, ma gli spazi non sono mai di tale portata da giustificare un così ridotto livello di precisione. Inoltre, vi è una certa ripetizione degli ambienti, in particolare negli edifici, che rende il tutto molto sterile e ripetitivo.

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Al contrario, il sonoro è spettacolare. Il doppiaggio in italiano non è perfetto, ma è comunque superiore a tante altre produzioni. Se la sincronia con il labiale dei personaggi fosse stata rispettata, probabilmente avrebbe raggiunto livelli di eccellenza. Sono le musiche, però, a rendere la colonna sonora di Deus Ex una delle migliori dell'anno. L'atmosfera è certamente aiutata dagli accordi di sintetizzatore che accompagnano le fasi esplorative, e i nemici in allerta sono accompagnati da repentini cambi di tempo e di armonia.

Deus Ex: Human Revolution è un ottimo gioco. A tratti straordinario. Va ammesso, però, che il gioco difficilmente riuscirà a piacere al grande pubblico. Le prime ore di gioco e la presentazione sono quasi disarmanti, e le sue meccaniche che prediligono lo stealth si rivolgono certamente a una nicchia di pubblico più ristretta. Chi si aspettava un action-RPG del calibro di Fallout 3 resterà deluso. Chi, al contrario, predilige un gioco più pacato, più pensato e con una storia davvero pregnante troverà pane per i suoi denti.

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08 Gamereactor Italia
8 / 10
+
Trama appassionante, tante strade per risolvere le missioni, musica perfetta
-
Grafica e presentazione grossolane, troppo stealth e poco action, progressione lenta
overall score
Questo è il voto del nostro network. E il tuo qual è? Il voto del network è la media dei voti di tutti i Paesi

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RECENSIONE. Scritto da Lorenzo Mosna

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