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Brothers: A Tale of Two Sons

Brothers: A Tale of Two Sons

Il regista libano-svedese Josef Fares ha lavorato alla creazione di un gioco chiamato Brothers: A Tale of Two Sons. La sua passione è massima, e ci ha dato l'opportunità di provare questo titolo.

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Brothers è un gioco tranquillo. Sobrio. Meccanica semplice, luci soffuse, e un mondo da favola. Non è quel tipo di gioco che ci aspetteremmo da un regista con anni di carriera alle spalle, ma è esattamente così. E per di più, si tratta di un gioco singleplayer in cooperativa.

Singleplayer co-op. Che cosa vuol dire? Beh, in poche parole è possibile controllare due fratelli in una sola volta, uno per ogni stick analogico, facendo loro compiere varie operazioni e facendoli interagire con personaggi non giocanti e con l'ambiente, con un pulsante apposito. È estremamente semplice, ma ci vuole un po' di tempo per abituarsi al fatto che si stanno controllando due personaggi in maniera indipendente.

I due fratelli sono alla ricerca di una cura per il padre, malato terminale, dopo avere già perso la madre. Il fratello più giovane (controllato dalla mano destra) è un po' malizioso, e si diverte a giocare qualche scherzo alla gente del villaggio nella prima parte del gioco. Il fratello maggiore (la mano sinistra) è più determinato, in quanto cerca di trovare il modo di raggiungere il padre. Non vi è un vero e proprio dialogo, e la storia è raccontata attraverso gesti e azioni.

Sotto l'aspetto leggero e calmo si cela una tremenda passione incarnata da regista Josef Fares. La demo che sto per provare è tratta dalla prima parte del gioco, ed è orientata a sottolineare la mancanza di una meccanica importante in questa build, e su come essa renderà diverso il gioco finale. La meccanica in questione riguarda la semplice possibilità di allontanare automaticamente un fratello da un punto di interazione, semplicemente interagendo con il suddetto punto con l'altro fratello. La maggior parte degli sviluppatori, probabilmente, avrebbero soprasseduto, ma Fares ci mostra il gioco più volte per dimostrare esattamente cosa ci sia di sbagliato in questa build e come sarà migliorato in una build più nuova. Può essere un piccolo dettaglio, ma ha una grande importanza.

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Brothers: A Tale of Two Sons

C'è qualcosa di molto "nordico" nel look del gioco. Potrebbe essere descritto come una visualizzazione di una fiaba scritta dall'autore danese HC Andersen, o di un dipinto dell'illustratore svedese John Bauer. I giocatori hanno parlato di paragoni con Albion, la terra di Fable, e c'è qualcosa nell'illuminazione e nella progettazione delle aree che mostra sicuramente una somiglianza, anche se i due giochi non devono essere confrontati in termini di meccaniche. È stato paragonato anche a Journey, e forse si può anche confrontare con Ico, ma nessuno di questi confronti colpisce davvero nel segno.

Per coloro che sono inconsapevoli di ciò che è avvenuto a Starbreeze Studios nel corso degli ultimi anni, Brothers: A Tale of Two Sons, può sembrare un completo cambiamento di direzione rispetto a giochi del calibro di Syndicate, Darkness o The Chronicles of Riddick: Assault on Dark Athena. Nel 2009, alcuni degli sviluppatori storici di Starbreeze Studios hanno lasciato la società per formare Machinegames, nella città universitaria di Uppsala, a soli 70 km a nord di Stoccolma, e poco dopo sono stati assorbiti da ZeniMax Media (la società madre di Bethesda Softworks) verso la fine del 2010, acquisendo alcuni dei restanti talenti di Starbreeze.

Nel frattempo, Starbreeze è passato da essere un sviluppatore incentrato sulla costruzione di un proprio motore a uno con licenza Unreal Engine di Epic (motore di Brothers: A Tale of Two Sons). Hanno rilasciato Syndicate nel mese di febbraio 2011, ottenendo risultati tiepidi da un punto di vista critico, disastrosi da un punto di vista commerciale, complice EA che ha offerto ben poco in termini di supporto marketing.

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Settanta chilometri a sud di Starbreeze, Josef Fares ha cercato di andare avanti con il suo gioco "Brothers" per un paio di anni. Dopo essersi costruito un nome rispettabile come regista nel mondo del cinema, dove il suo importante film Jalla! Jalla! del 2000, Josef Fares si è avvicinato all'idea di Brothers durante un workshop e, in un primo momento, ha pensato che sarebbe stato facile trovare finanziamenti e partner per realizzare l'dea. Verso la fine del 2008 il progetto ha ricevuto un finanziamento dal Nordic Game Program (circa 60.000 euro), per consentire il raggiungimento di una fase di prototipo. Qualche anno dopo, tre prototipi erano finalmente pronti, e il gioco che oggi conosciamo come Brothers: A Tales of Two Sons ha iniziato a prendere forma.

Ho incontrato Josef Fares di tanto in tanto, in occasione di eventi legati ai videogiochi nei pressi di Stoccolma, negli ultimi dieci anni. La prima volta che ci siamo incontrati ero all'evento di lancio di Xbox Live nel 2003, e Josef ha vinto la gara di Moto GP per le celebrità, e quando ne abbiamo parlato in seguito è stato per lo più interessato a come noi di Gamereactor avessimo valutato Metroid Prime di Retro Studios. In un'altra occasione, credo fosse il party di uscita di Forza Motorsport 3, si avvicinò a me con domande su Brütal Legend. Insomma, ha sempre dimostrato una certa passione per i videogiochi, e, naturalmente, ha pensato di passare allo sviluppo di un gioco.

Brothers: A Tale of Two Sons

Il linguaggio dei personaggi di Brothers: A Tale of Two Sons è inventato, ma Josef ha basato alcune delle parole sulla lingua araba, la lingua del Libano dove ha vissuto prima di trasferirsi in Svezia con la sua famiglia in giovane età. "Qualcuno potrebbe riconoscere una parola o due" dice. "Ma è stato fatto in questo modo per assicurarsi che suonasse come un linguaggio vero e proprio, e non solo come rumore casuale."

Verso la fine della demo i fratelli si incontrano con un troll gigante, che li aiuta a scalare alcune rocce. Fares spiega che alcune persone pensavano che il gioco avrebbe ricordato Majin & The Forsaken Kingdom, ma il troll è presente solo per un breve tratto del primo capitolo. Il troll gentile e paziente è un esempio di come sia pacifica e amichevole l'ambientazione, almeno in questa prima parte del gioco. L'unico "nemico" in cui mi sono imbattuto era un cane che cercava di mordere i fratelli mentre correvano tra un covone di fieno e un'altro. Naturalmente il gioco diventa gradualmente più impegnativo, ma suppongo che questo sia il punto in cui il gioco entra in confronto con Thatgamecompany - non è un gioco che ci fa affrontare orde di nemici per diventare difficile, ma che piuttosto si concentra sulla risoluzione di puzzle.

Brothers è l'ultimo gioco in produzione presso gli uffici di Uppsala, in quanto la produzione sarà sposata a Stoccolma, dove il team è già al lavoro su Payday 2 (precedentemente noto come Overkill Software). È sia la fine di un'epoca che l'inizio di qualcosa di nuovo. Una Starbreeze diversa, non più dedita a un lavoro tecnico, ma su di uno sviluppo più agile che punta a creare nuovi franchise.

"Devi promettermi che giocherai il gioco fino alla fine," esclama Fares. "Sicuro", gli dico, mentre metto via il mio portatile per salire sul treno in direzione di Stoccolma - facendo lo stesso viaggio che compirà lo studio alla fine dello sviluppo di Brothers. "Dopotutto, dura solo quattro ore o giù di lì, ti prometto che sarà qualcosa che ti sorprenderà, qualcosa per cui ne varrà la pena", dice Fares, e ho avuto la sensazione che stesse sul punto di rovinarmi la sorpresa. La sua passione per il suo progetto è contagiosa, e la sua convinzione è tale che a malapena riesce a trattenersi dal raccontarmi come andrà a finire.

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