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The Evil Within

The Evil Within

Il ritorno di Shinji Mikami al survival horror passa, più che da Resident Evil, per Silent Hill e The Last of Us.

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Quando il protagonista, Sebastian Castellanos, affiora da una sub-realtà in bianco e nero sgranata, in una strada forestale costeggiata da corvi e con rami e foglie mosse dal vento, c'è uno strano senso di déjà vu che viene condiviso tra il giocatore e il personaggio principale. Non appena si arriva ad un grande e misterioso palazzo, Sebastian lo dice chiaramente. Non è mai stato lì prima d'ora, eppure quel luogo sembra stranamente familiare. Lo stesso si può dire di The Evil Within nel suo complesso, in quanto mescola elementi che ci risultano familiari, ma spingendo al tempo stesso sulla loro unicità.

Quando The Evil Within è stato annunciato, è stato definito come il ritorno di Shinji Mikami al survival horror, dal momento che tale autore è stato determinante per la creazione di Resident Evil. Ma The Evil Within è più di un successore spirituale della popolare serie orientata sempre più all'azione, e in effetti ha più elementi in comune con Silent Hill, per quanto riguarda narrazione e tematiche. Ci sono elementi relativi alla meccanica che ricordano The Last of Us, vi sono parti dell'esperienza che ci ricordano Dark Souls.

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Trattare con i nemici non del tutto umani di The Evil Within non è così semplice come con gli zombie. È possibile nascondersi negli armadi e sotto ai letti, utilizzare bottiglie per creare distrazione come in The Last of Us, muoversi furtivamente verso di loro per ucciderli in modo silenzioso, ma dovremo fare anche in modo, nel corso della partita, di dargli fuoco in alcuni casi e assicurarci che non risorgano. Il rumore emesso dal mostro non del tutto morto quando brucia, ci fa accapponare la pelle. Gli attacchi corpo a corpo non fanno molto bene, ma danno un po' di respiro. E poi ci sono nemici che non puoi affrontare in alcun modo convenzionale, e dunque l'unica cosa che si può fare è correre.

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La nostra sezione hands-on con The Evil Within comprende due capitoli "editati" - il 4 e l'8 - e veniamo lasciati a capire il contesto. È come quando si fa un puzzle con tantissimi pezzi, in cui si cerca di capire quale sia il pezzo mancante utile per completare il quadro. Ma abbiamo qualche idea, e sembra che The Evil Within prenda tanto, se non soprattutto, ispirazione da Silent Hill piuttosto che da Resident Evil. Abbiamo anche pensato ad American Horror Story e Grave Encounters, mentre giocavamo alla build dell'E3.

Il Capitolo 4 "Inner Recess" vede Sebastian guidare un compagno, un medico che sta cercando un suo paziente, Leslie, in un ospizio. Non appena sondiamo lo spazio antistante l'ospizio, è chiaro che non siamo soli: un gruppo di nemici si stringe attorno a noi e questa è la nostra prima occasione per assaggiare il sistema di combattimento. Accovacciato nell'erba alta (starete un sacco accovacciati in questo gioco), abbiamo preso la prima coppia in modo furtivo alle spalle, e ci abbiamo messo un paio di round per ammazzare il terzo.

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Il medico non è esattamente l'IA più intelligente che abbiamo mai avuto il piacere di scortare, e seppur lui non faccia in realtà nulla che influisca negativamente sul gameplay, il suo chiacchiericcio tende ad essere malato alla lunga. Troviamo Leslie. Sembra fuori di sè. Sembra apparentemente assorto in una dimensione da incubo. Mentre noi tre pianifichiamo la nostra fuga, appare un personaggio in un corridoio. Il medico riconosce un certo Ruvik e ci chiede di non seguirlo mentre si allontana. C'è una sola opzione, ovviamente, ed è quella di seguire Ruvik, e mentre tentiamo di tornare verso il medico, restiamo intrappolati in un loop (proviamo a tornare indietro, ma è tutto uguale, fino a quando il protagonista non arriva ad una porta alla fine di un corridoio - tipico cliché horror) dove la nostra unica opzione è quella di seguire Ruvik in quella porta alla fine del corridoio. Questo è il punto in cui ti viene in mente l'immagine di Ackbar.

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E' proprio una trappola. Restiamo bloccati in una stanza più grande con una sorta di liquame putrido nel mezzo, pieno di passerelle e di trappole. Ruvik sigilla l'uscita con una sorta di incantesimo (apparentemente a base di carne), e da quella che sembrerebbe essere una magia di sangue, dà vita ad un folto gruppo di nemici che si innalzano dalla melma nel centro della stanza. La prima volta che abbiamo provato a percorrere questa stanza, ci siamo subito preoccupati di disarmare le trappole e raccogliere i materiali in modo da creare le munizioni necessarie per la nostra Agony Crossbow - una pratica balestra che può scagliare una varietà di dardi contro i nemici o nell'ambiente circostante (aggiungendo nuove trappole). Non è l'idea migliore che abbiamo mai avuto. Siamo costretti a tentare di salvarci la pelle con il nostro coltello e con attacchi corpo a corpo, non appena siamo a corto di munizioni. Nel nostro secondo tentativo, ci siamo accucciati e abbiamo evitato in modo furtivo le trappole, ma lasciamo che siano i nostri nemici a innescarle. Secchiamo i rimanenti con la suddetta balestra, rompiamo il sigillo di carne magico e continuiamo a cercare Ruvik.

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Solo che non è Ruvik il prossimo in cui ci imbattiamo. Metà ragno, metà donna, con un pizzico di uomo Icecream di Legion, veniamo attaccati da una bestia terrificante e lasciati ad una sola opzione. Correre. Alcuni nemici in The Evil Within (e non solo in eventi scriptati come questo) non possono essere semplicemente danneggiati. Ce ne rendiamo conto non appena vediamo il mostro a quattro zampe divorare Sebastian in una scena che non ci vogliamo perdere. Vale la pena morire una volta o due volte solo per vedere cosa succede in The Evil Within.

The Evil Within trasforma l'apertura delle porte in un'opera d'arte. Mentre è possibile interagire con gli altri oggetti, oggetti usati in puzzle, materiali per il crafting, armi, medikit e munizioni, danno vita a dei pop-up che indicano che è possibile premere un pulsante per interagire con loro non appena ci si avvicina; e vedrete una cosa simile con le porte. Una porta che è chiusa o una che porta ad un armadio, o quella che porta ad un'altra dimensione (non abbiamo fatto un passo in un'altra dimensione attraverso una porta, ma potrebbe anche essere) hanno tutte lo stesso aspetto per il giocatore. È possibile aprirle lentamente e silenziosamente o sfondarla a calci. Quest'ultima mossa attirerà i nemici, ma a volte può risultare un vantaggio tattico, mentre la lenta scoperta di ciò che si nasconde dall'altra parte (che include un'animazione che dura pochi terribili secondi) crea una certa tensione.Per la maggior parte dei casi, aprire una porta è del tutto sicuro, ma proprio quando avete iniziato a rilassarvi, ci sarà qualcosa che vi farà sobbalzare.

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Se il quarto capitolo si concentra principalmente sul combattimento, il capitolo 8 "Cruelest Intentions" si concentra principalmente sulla risoluzione di enigmi e sull'esplorazione. E' ambientato nel palazzo di cui sopra, un posto dove ha avuto luogo una ricerca di natura tutt'altro che etica. Il medico, che ora sembra essere un cattivo, e qualcuno che stiamo seguendo, ora nella forma di una sorta di apparizione spettrale, accompagnano una persona che vive in questo palazzo attraverso una serie di porte. Si fermano dietro di loro e abbiamo il compito di aprirlo con l'invio di tre gruppi di liquidi vili attraverso un meccanismo di blocco.

Le tre sezioni della villa corrispondono a tre enigmi in cui dobbiamo rivivere o completare alcuni esperimenti piuttosto crudi su cervelli umani vivi (?) sezionati. Sondiamo aree specifiche del cervello in base alle istruzioni fornite da un file audio. Se facciamo un errore, la barra della salute di Sebastian perde un punto. Si tratta semplicemente di una meccanica del gioco o di un indizio su ciò che sta realmente accadendo in questo posto? Ci sono incontri casuali e script con Ruvik, che appare sotto forma di uno spettro blu, lasciandoci con una sola opzione: darcela a gambe. In un'occasione ci siamo imbattuti nella direzione sbagliata (c'è una eco visiva che lo precede e che vi segnala da dove sta arrivando), abbiamo aperto una porta e siamo saltati sulla sedia, perdendo anni preziosi della nostra vita. The Evil Within è atmosferico, abbastanza conservativo con le sue paure, ma resterete accovacciati per la maggior parte del gioco per evitare di essere visti, ed è probabile che farete luce voi con la vostra lanterna, con il rischio di attirare i nemici, solo per alleviare l'ansia, non appena il buio comincia ad avanzare sempre di più.

Siamo andati via impressionati da The Evil Within dopo un paio di ore e due capitoli davvero spaventosi. A livello tecnico può non impressionare, ma riesce ancora una volta a produrre quel tipo di atmosfera, che è la chiave del genere, e il fatto che ce ne siamo andati con tante domande in testa dopo la nostra sessione, è indice di cosa il gioco offrirà quando uscirà ad agosto. E' un survival horror giapponese evoluto.

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