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Rainbow Six: Siege

Rainbow 6: Patriots

Negli uffici canadesi di Ubisoft abbiamo assistito al rilancio di una delle serie più amate di sempre. La squadra Rainbow sta per tornare, ma questa volta il suo compito sarà più difficile.

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Oggi non è un giorno qualunque negli uffici di Ubisoft Montreal. Lo staff ci rivolge appena qualche frase educata, e nell'aria si respira una grande serietà. La situazione non è certamente tesa, ma sono tutti all'erta. Un lavoro intensivo e complesso si solleva da dietro le scrivanie e su tutti i piani dell'edificio.

Questa sensazione viene trasportata nella presentazione, che si apre con una pomposità certamente non comune in questo genere di tour negli studi di sviluppo. C'è la sensazione diffusa di stare per assistere a qualcosa di veramente importante. Lo schermo inizia a mostrare delle vere immagini di notiziari, con sequenze di veri attacchi terroristici.

Rainbow Six: Siege

"La minaccia viene dall'interno di questi tempi. E quando il terrorismo si evolve, noi ci che vogliamo con lui."

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Rainbow 6: Patriots porta con sé una trama decisamente più forte rispetto ai vecchi titoli della serie dove, ad essere onesti, i personaggi passavano in secondo piano rispetto al gameplay.

La prova di ciò è data dalla demo in cui vengono esposti un certo numero di problemi etici. Quel genere di cose che avvengono quando un gruppo di estremisti rapisce un uomo qualunque e sua moglie per obbligare lui a compiere un atto terroristico al fine di salvare la sua dolce metà. La squadra Rainbow è obbligata a fermarlo: ma qual è la soluzione migliore? Come si risolve un problema per il quale i dialoghi e i rinforzi non sono sufficienti? Spareresti a un uomo innocente per evitare un attacco terroristico in larga scala?

Per un momento, ci siamo addirittura aspettati di prendere parte a un dibattito psicologico e sociale su argomenti tra i quali l'utilitarismo e la diversità multiculturale. Invece, la discussione si è spostata sulle nuove meccaniche di gioco anziché sulle parti narrative. La demo inizia: una prospettiva in prima persona. Un uomo seduto a casa guarda il telegiornale, al suo fianco la sua beneamata moglie. Poi qualcuno bussò alla porta.

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In un momento si scatenano eventi drammatici che lasciano sia il nostro uomo che sua moglie sul pavimento, a urlare e piangere. I Patriots lasciano intendere che per salvare la vita della donna, l'uomo deve diventare un attentatore suicida. Nella sequenza seguente, l'uomo si trova sul ponte di Brooklyn, con in mano un detonatore. Sullo sfondo tanti civili innocenti vengono colpiti, con un caos crescente sia visibile che udibile.

Quando l'uomo raggiunge un certo punto sul ponte, la telecamera cambia la prospettiva portandoci nel mezzo della squadra Rainbow. I passi pesanti si trasformano in movimenti silenti.

La speranza fa a botte con il panico. Degli zoom ci mostrano il terrorista, una bomba dotata di gambe e intenta a portare distruzione e morte. Rainbow non sa nulla della vita di quest'uomo, né sa quali siano le sue intenzioni. Non sanno nulla del suo terrore, della sua paura. La doppia prospettiva del conflitto crea un senso di difficoltà nei riguardi della situazione.

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Se si sceglie di avvicinarsi all'uomo anziché sparare, per la semplice ragione che l'esplosione potrebbe causare delle vittime civili, il gioco si spinge in un altro dilemma morale. L'attentatore implora pietà quando ci viene chiesto di gettarlo al di là delle paratie, nell'acqua. Mentre si decide, l'orologio scorre. La scelta è nostra. Anche se la ricaduta non è così drastica come ci si aspetterebbe in un moderno gioco di ruolo, è certamente qualcosa di innovativo in questo genere di videogame.

La presentazione si conclude, e chiediamo a Ubisoft quali siano i piani in mente per le funzionalità tattiche di questo franchise, dato che la selezione manageriale dei personaggi può essere saltata con la semplice pressione di un pulsante, che attiva una sorta di autopilota in grado di decidere quale sia la migliore soluzione in ogni particolare momento. Uno propria, la successiva mezz'ora viene spesa per dimostrare l'enorme ammontare di scelte offerte attraverso ciascuna situazione di combattimento.

Come in una stanza singola, nella quale vi sono otto terroristi e un singolo ostaggio. Il bersaglio ideale è armato, ma è possibile discriminare i buoni dai cattivi guardando il loro linguaggio corporeo e capendo chi sta esprimendo paura anziché aggressività. Inoltre, bisogna capire quale ingresso sia il migliore, dove piazzare i tiratori, quindi designare i bersagli per ciascuno e dire loro esattamente quando sparare.

Ogni mossa, posizione, scelta è fortemente dettagliata. Tutto funziona come un puzzle complesso dove l'ingenuità, il dito sul grilletto e le tattiche si mescolano fluidamente, proprio come un gioco della serie Rainbow dovrebbe fare. Con l'uscita prevista nel 2013, lo studio ha parecchio tempo per completare il capitolo successivo di questa serie che, pur non essendo esattamente una rinascita, è indubbiamente qualcosa di diverso rispetto al passato.

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