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Fallout: New Vegas

Fallout: New Vegas

La serie Fallout si sposta in un nuovo deserto, questa volta non creato dall'uomo. Abbiamo intrapreso un viaggio pericoloso in Fallout: New Vegas e siamo sopravvissuti per raccontarvelo...

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Quando, due anni fa, uscì Fallout 3 stavo leggendo un libro intitolato "Benvenuti nel deserto del reale" di Slavoj Žižek. Una lunghissima riflessione su come il mondo reale sia improvvisamente entrato nella nostra vita dopo gli eventi dell'Undici Settembre. Il mondo reale fa schifo, porta l'essere umano ai limiti della sopportazione, colpisce lo stomaco e provoca conati di vomito. Il nostro piccolo mondo fatto di realtà filtrata dai media viene sconvolto dal mondo reale che entra di peso nel nostro salotto, e l'effetto che ne risulta è spiazzante e spaventoso.

Fallout 3 faceva esattamente lo stesso. Creava un micromondo nel Vault, ci consentiva una vita relativamente normale, ci lasciava crescere senza troppi problemi e senza troppi pensieri. Poi, improvvisamente, usciamo dal Vault e ci scontriamo il mondo reale. E, indovinate un po', il mondo reale fa schifo. È una "zona contaminata" o, in inglese, una "wasteland". Un deserto. Il deserto del reale, se vogliamo.

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Per questo motivo ancora oggi considero Fallout 3 uno dei giochi più belli di sempre. Un gioco capace non solo di intrattenere, ma anche di portare un messaggio squisitamente postmoderno, di consentire riflessioni filosofiche di una certa caratura. Di mostrare la potenza del videogioco. Una manna per chi dedica la propria vita a sostenere la tesi del videogioco come medium.

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Ho atteso l'uscita di Fallout: New Vegas con trepidazione, cercando di immaginare come gli sviluppatori avrebbero potuto portare avanti questa tesi, sperando nel mio piccolo che il collegamento tra Fallout 3 e le teorie più importanti sul postmodernismo non fossero solo frutto di un caso fortuito. Ebbene, da questo punto di vista New Vegas ha rappresentato una profonda delusione.

In Fallout: New Vegas non viviamo più il passaggio tra il mondo ovattato e la merda del mondo reale. Siamo già nella merda: nella prima sequenza di gioco ci ficcano una pallottola in testa e ci seppelliscono. Solo per miracolo veniamo salvati, recuperiamo le nostre forze e andiamo a caccia dei nostri assassini. Una storia molto più banale, certamente più cinematografica, più "road trip" e meno "brain trip".

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La scelta del deserto del Nevada come location non fa altro che ridurre ulteriormente l'effetto spiazzante di un mondo post-atomico. Se Washington DC in Fallout 3 era un deserto artificiale laddove c'era una capitale, il deserto del Nevada era un deserto anche prima dello scoppio delle bombe. E, in più, Las Vegas e New Vegas sono all'incirca la stessa città: una cattedrale nel deserto, una città risparmiata dalle bombe ma colpita da altri problemi altrettanto radioattivi (il gioco d'azzardo, la corruzione, eccetera).

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La rovina del mondo in New Vegas non è più direttamente imputabile alle bombe nucleari, quanto piuttosto all'essere umano stesso. A pensarci bene, è l'essere umano che ha creato le bombe, pertanto New Vegas non fa altro che dare un volto umano agli artefici del mondo post-atomico della serie Fallout.

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L'appiattimeto e la rarefazione della storia e la sua più scontata interpretazione, però, non fa altro che migliorare l'aspetto ludico del titolo. Questa volta Fallout: New Vegas è immediatamente riconoscibile come gioco di ruolo. I personaggi con cui abbiamo a che fare sono più sfaccettati, esistono fazioni che possono essere amiche o nemiche sulla base delle nostre azioni, possiamo modificare le armi e crearne di nuove senza necessità di cercare spasmodicamente dei progetti, possiamo modificare i proiettili, creare unguenti curativi e darci all'alchimia (o, meglio, alla chimica).

Da questo punto di vista Fallout: New Vegas è un gioco infinitamente più completo del suo predecessore. Non c'è più bisogno di costruirsi lentamente un arsenale: nei primi minuti di gioco ci viene fornita una pistola, poco dopo un fucile e i proiettili non sono un vero problema. Si pensi che alla seconda città visitata il mio eroe aveva già a disposizione una trentina di candelotti di dinamite, una quantità di esplosivi che in Fallout 3 si raccattava solo nella seconda metà del gioco. Si spara molto di più, ed è più facile divertirsi con l'azione sin dal primo minuto di gioco.

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Ne consegue un gioco molto più accessibile, meno repulsivo e capace di conquistare il giocatore molto più rapidamente. Nessun lungo tutorial iniziale (solo una breve seduta dal medico che determina tutti i nostri parametri S.P.A.V. e ci fornisce un Pip Boy). Una semplice missione di addestramento e siamo subito nel vivo dell'azione.

Purtroppo Fallout: New Vegas condivide con Fallout 3 i bug. Più di una volta mi è capitato di vedere un compagno NPC prendere l'iniziativa e finire crivellato dai colpi di un nemico che cercavo di cogliere di sorpresa. Qualche volta i nemici si sono incastrati in qualche elemento scenografico e una volta ho dovuto ricaricare la mia missione per un'inspiegabile sparizione dell'NPC di riferimento.

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Lo stesso tipo di problemi si riscontra nel motore grafico, che anche in New Vegas presenta qualche calo di frame sopportabile. Le texture non sono mai in altissima risoluzione (cosa che, ad esempio, si può notare negli edifici visti da una certa altezza).

L'intelligenza artificiale dei nemici è rimasta piuttosto piatta. Capita spesso di vedere un nemico armato di una chiave a tubo cercare di assalirci quando imbracciamo un fucile laser, oppure vedere un nemico che - gravemente ferito - si siede in mezzo al selciato anziché cercare riparo dietro una roccia.

Infine, come avveniva in Fallout 3, non mancano i bug dovuti all'adattamento. Fortunatamente non abbiamo notato bug della gravità di Dashwood in Fallout 3 (che nella versione Xbox 360 parlava in francese) ma non mancano traduzioni approssimative, sottotitoli al maschile per personaggi donna, scritte che non corrispondono al parlato eccetera.

La colonna sonora, certamente uno degli elementi più piacevoli in Fallout 3, in Fallout: New Vegas subisce una profonda svolta country. Non più classici del pop e del soul anni Quaranta (chi non si è mai messo a canticchiare il ritornello di "Civilization" alzi la mano) ma brani tipicamente americani, con tendenze contry-western. Questione di gusti, ma obiettivamente la musica di New Vegas è infinitamente più americana e infinitamente meno europea della colonna sonora del suo predecessore. In altre parole più bruttina, perlomeno secondo gli ipotetici canoni di gusto europei.

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Fallout: New Vegas, in conclusione, porta con sé l'eredità di Fallout 3, configurandosi come uno dei migliori titoli del 2010. Purtroppo l'effetto novità è scomparso, così come è scomparsa la profondità derivante dall'ambientazione urbana di Fallout 3. Filosoficamente ne consegue un gioco agli antipodi rispetto al suo predecessore. Videoludicamente un gioco superiore. Un acquisto obbligato sia per chi ha amato Fallout 3 e intende vedere le cose da un altro punto di vista, sia per chi non conosce ancora questa saga.

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09 Gamereactor Italia
9 / 10
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RECENSIONE. Scritto da Lorenzo Mosna

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